Τρίτη 16 Δεκεμβρίου 2025

L'Espresso La Corte penale internazionale ha respinto il ricorso presentato da Israele contro l’indagine sui presunti crimini commessi nella Striscia di Gaza, riaffermando al tempo stesso la validità dei mandati di arresto spiccati nel novembre 2024. I provvedimenti riguardano il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Nel ricorso, Israele contestava la competenza giurisdizionale della Cpi sul caso. Una tesi che i giudici dell’Aja hanno respinto con una decisione di 44 pagine, confermando la legittimità dell’inchiesta avviata nel 2021 sui territori palestinesi (quindi prima del 7 ottobre e dell’inizio della campagna a Gaza). Con questa sentenza, la Corte potrà ora riprendere pienamente l’indagine, ribadendo la propria autorità a esaminare le accuse di crimini di guerra attribuite a Israele nei territori palestinesi. Il ministero degli Esteri israeliano - guidato da Gideon Sa’ar che, a novembre del 2024, ha preso il posto di Israel Katz - ha contestato la decisione della Corte de L’Aja. Tel Aviv "respinge la decisione della Camera d'Appello della Cpi, adottata per stretta maggioranza, che nega a Israele il diritto di ricevere un preavviso, come richiesto dal principio di complementarità, in particolare per uno Stato democratico con un sistema giudiziario indipendente e solido", ha scritto il ministero su X. “Questo - aggiunge - è un ulteriore esempio della politicizzazione in corso della Cpi e della sua palese mancanza di rispetto per i diritti sovrani degli Stati non membri, così come per i propri obblighi previsti dallo Statuto di Roma", si legge nel comunicato, che conclude: "Ecco cosa significa politica sotto le spoglie del 'diritto internazionale’”.

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